9.1.09

Il Pentagono ora recluta con i videogame


è l' ultima frontiera in fatto di reclutamento, un' enorme sala giochi da 4500 metri quadrati nel Franklin Mills Mall, centro commerciale di Philadelphia. Struttura messa in piedi dall' esercito americano, costata ben 13 milioni di dollari, mimetizzata fra negozi di abbigliamento e fast food. L' Army Experience Center, primo nel suo genere, offre non solo la possibilità di divertirsi con noti videogame di guerra per pc e per console, ma anche di "giocare" con parenti e amici in tre simulatori hi-tech che riproducono missioni in Iraq e Afghanistan. Ambienti con al centro un elicottero Apache, un Black Hawk e una jeep Humvee, pesantemente armati di mitragliatrici e circondati da schermi panoramici. L' ideale per provare l' ebbrezza della guerra dopo aver fatto un po' di shopping o per ammazzare il tempo prima di andare al cinema. E poi c' è un' area relax dove l' accesso al Web è gratis e dove una ventina di militari in jeans e maglietta espongono ai visitatori le infinite possibilità offerte dalle 150 carriere differenti percorribili nelle forze armate. «Ma non accettiamo nessuno sotto i 17 anni», ha tenuto a precisare al New York Times il maggiore Dillard, dello staff dell' Army Experience Center. Anche se la sua sala giochi è frequentata in particolar modo dagli adolescenti. Sembra che il grosso problema dell' esercito siano i centri urbani, dove stenta a far presa malgrado quest' anno abbia toccato la quota di 80 mila nuove reclute come pianificato. Vengono però per la maggior parte dalla campagna e la percentuale chi ha frequentato il liceo è sempre più bassa. Di qui una serie di iniziative nel tentativo di sedurre i ragazzi delle città che vanno dalla promozione on line ai video musicali. Ma cosa c' è di meglio dei videogame, così popolari fra le giovani generazioni dei grandi centri urbani? L' Army Experience Center infatti non rappresenta un inizio, ma il punto di arrivo di un sentiero intrapreso diversi anni fa. Non a caso J. C. Herz, autrice di Il popolo del joystick (un classico della letteratura sui giochi elettronici), ha parlato apertamente di una "industria militare-spettacolare". Ovvero di un processo che nel tempo ha legato sempre di più il mondo dell' intrattenimento digitale con le forze armate. Fino ai primi anni Novanta erano aziende come la Lockheed Martin a fornire alla Sega, attraverso una sussidiaria chiamata Real 3d, simulazioni belliche che la multinazionale giapponese convertiva in giochi stile Desert Tank. In seguito il rapporto si è prima intensificato, con software house che hanno iniziato a assumere ex militari, poi invertito. E dal 2001 sono stati videogame alla Operation Flashpoint, che mettevano in scena conflitti immaginari ma con dinamiche molto verosimili, a diventare mezzo per l' addestramento dei marine. Infine la svolta nel 2002, poco prima l' inizio della Seconda Guerra del Golfo, con la pubblicazione gratuita di America' s Army. Videogame sviluppato direttamente dall' esercito, costato otto milioni di dollari e tre anni di lavoro, per diffondere i suoi valori fra i ragazzi. Il risultato? 10 milioni di utenti registrati e seimila e 400 fra articoli e servizi pubblicati da giornali e televisioni di tutto il mondo. Senza dimenticare che dal 2005 in poi il 30 per cento delle reclute ha dichiarato di averci giocato. L' Army Experience Center di Philadelphia rappresenta lo stadio successivo. Diventare un soldato in Medio Oriente ora è un divertimento pubblico, da centro commerciale, adatto a comitive di amici e famiglie intere. E se dovesse dare i frutti sperati, fornendo reclute fresche, non c' è dubbio che verrà replicato in tante altre grandi città americane. - JAIME D' ALESSANDRO

22.12.08

Lezioni al centro commerciale Casilino di Roma

Un altro caso di appropriazione degli spazi di un centro commerciale:

Nel pomeriggio del 18 novembre 2008 un gruppo di studenti del Liceo Kant, accompagnati da alcuni docenti e da rappresentanti dei genitori, ha seguito una lezione "straordinaria" di fisica all'interno dei locali del Centro commerciale Casilino, in zona Alessandrino.

L'ingresso dei ragazzi è stato accolto con sorpresa e con cordialità dai molti clienti del centro commerciale e di molti commercianti ed operatori del settore che, incuriositi anche dall'andirivieni di alcuni fotoreporter che riprendevano lo svolgimento della lezione, si sono avvicinati ed hanno dialogato con i ragazzi stessi.

"Abbiamo deciso di venire a parlare di cultura nel luogo che ne rappresenta la negazione" – ha dichiarato uno dei ragazzi – "e siamo preoccupati per l'ipotesi di privatizzazione delle strutture destinate alla nostra crescita culturale. La conoscenza e la cultura non possono diventare merce di scambio, altrimenti sarebbero appannaggio solo delle classi più abbienti! Ad esempio, noi che frequentiamo un liceo di periferia, considerato eccellente, che fine faremmo?".

Unica nota stonata è stato l'intervento della sicurezza, sollecitato dalla direzione del Centro commerciale, che ha fermamente esortato i ragazzi a sgomberare. Con grande senso di responsabilità (e con il disappunto dei clienti presenti) i ragazzi, pur avendo ricevuto la disponibilità del supermercato COOP (anch'esso ospite della struttura) a far proseguire la lezione presso la propria sede, hanno preferito allontanarsi.

stralcio dell'articolo di Letizia Palmisano del 21-11-08 fonte: www.abitarearoma.net/index.php?doc=articolo&id_articolo=10537



Il Mega Centro Commerciale Porte di Roma



Il nuovo centro commerciale è (per l'ennesima volta a Roma) il più grande d’Europa con i suoi 150.000 mq di estensione, 220 negozi, un cinema da 13 sale, Ikea, una Rinascente, un supermercato Auchan, un bowling a 16 piste, un albergo da 5.000 mq e un parcheggio su due piani per 9.000 posti auto per un totale di 250.000 mq.

La vera difficoltà sta nel rendersi conto che l'aumento demografico genera aumento di capitale che ha come conseguenza l'incremento illimitato delle dimensioni delle Centrali Commerciali (se mi permettete il termine).

21.12.08

Attaccata l'Esselunga di Bologna


Sabato 20 dicembre a Bologna l’Onda e i ragazzi e le ragazze del centro sociale Tpo irrompono nel supermercato Esselunga del centro commerciale Meridiana di Casalecchio.
La richiesta è una sola: lo sconto del 25% su tutti i prodotti nel carrello (esclusi quelli in promozione).
L’azione s’è svolta intorno alle 14.30 quando un centinaio di attivisti recatisi nel centro commerciale hanno reclamato a gran voce lo sconto sui prodotti acquistati. L’impatto scenografico è stato sensazionale: più di 20 casse (su 30) occupate da striscioni e ragazzi, vecchietti e famiglie incredule di fronte agli slogan e momenti di tensione. Come afferma un attivista del centro sociale Tpo, chiunque avesse aderito all’azione avrebbe beneficiato dello sconto e la partecipazione è stata notevole! Alcune casse sono state lasciate libere per permettere l'uscita dei disinteressati. Dopo una lunga trattativa la direzione centrale della catena ha deciso di chiudere le porte e di non concedere lo sconto. I manifestanti si sono riuniti in un corteo disperdendosi fuori dal centro commerciale.
La scelta dell’obiettivo non è ovviamente casuale. L’Esselunga è infatti una delle catene di ipermercati che concede meno diritti ai lavoratori dipendenti.


intervista a Gianmarco del Tpo http://www.zic.it/zic/docs/1103.mp3


Letture consigliate

Per una panoramica generale sui centri commerciali in Italia (dal taglio particolarmente critico) rimando all'articolo di Federica Senegnini: L'italia sotto shop.

http://eddyburg.it/article/articleview/11346/0/195/

I nuovi spazi del conflitto

Il centro commerciale diventa il luogo della protesta, il simbolo da colpire con la solita originalità dimostrata in tutti questi mesi. Quale posto migliore per discutere di diritto al reddito, lavoro precario e diritti civili? Ma sarà veramente quello giusto? Non sono molti, in Italia, i casi documentati di (manifest)azioni all’interno di centri commerciali, i quali giuridicamente, per altro, sono spazi privati “aperti” al pubblico.

È bizzarro come a poche ore dalla messa in rete di questo blog si sia presentato il caso ideale di appropriazione degli spazi di un supermercato in uno shopping center per comunicare il dissenso. Le piazze, ormai sature di significato, fredde, deserte, lasciano il posto alle gallerie calde, coperte e pulite del centro commerciale! E proprio da questo punto parte la nostra indagine ed esattamente questo intendiamo per punti critici, per smagliature di una tipologia che sta assorbendo il tempo libero di milioni di persone in Italia. Fino a che punto sarà sancita la nostra libertà d’espressione all’interno dei grandi centri commerciali? Che fine farà l’eterno (e sano) scontro di idee che da sempre si perpetua nello spazio pubblico democratico? E infine, quanta libertà siamo disposti a cedere in cambio di sicurezza, comodità e offerte speciali?

Ci vediamo alla cassa...

Manifesto

Il centro commerciale è ormai una tipologia edilizia ampiamente diffusa in Europa da più di 50 anni. La sua formula vincente: concentrazione delle attività commerciali, clima artificiale e sicurezza, ha convinto e convince ancora oggi milioni di consumatori in tutto il mondo.
Il nostro studio mira ad un’analisi dettagliata della storia e dell’evoluzione della tipologia “centro commerciale”, considerando le innovazioni e le forzature che hanno portato al suo successo. Il processo di analisi è accompagnato da azioni volte a testare gli equilibri interni di tale sistema ed i punti critici rimasti scoperti lungo il suo percorso di crescita.
Considerata l’impronta che i centri commerciali lasciano sul territorio, il campo d’indagine è vasto e multidisciplinare. Verranno coinvolti per questo artisti, docenti, professionisti e consumatori.
Esito finale della ricerca, degli eventi e delle azioni proposte sarà uno sguardo nuovo sugli spazi e le pretese della nuova socialità con la volontà di produrre alternative innovative e partecipate.